Se è vero che c’è ancora parecchia confusione tra diritto d’autore, da una parte, e diritto industriale, dall’altra, le cose si complicano ulteriormente quando si parla della differenza che intercorre tra diritto d’autore e copyright.
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Se invece desideri prima conoscere le differenze tra copyright e diritto d’autore e le normative di riferimento continua la lettura di questo articolo.
Differenze storiche tra copyright e diritto d’autore
Sebbene spesso vengano utilizzati alla stregua di sinonimi, copyright e diritto d’autore sono due insiemi di principi giuridici con tradizioni storiche differenti.
Il primo rappresenta il gruppo di normative sul diritto d’autore, valide negli Stati Uniti e nel mondo anglosassone, che derivano dalla rivoluzione industriale inglese dei primi decenni del XVIII secolo; il secondo invece ha una matrice diversa, che viene dalle leggi repubblicane francesi post Rivoluzione francese.
Il copyright, la cui abbreviazione è costituita dal simbolo ©, ha un approccio storicamente diverso dal diritto d’autore, come suggerisce la traduzione stessa del termine, ossia il diritto di fare copie.
Il copyright, infatti, rappresenta l’eredità normativa di un contesto in cui la preoccupazione principale era quella di regolamentare l’attività degli stampatori e degli editori nei confronti di coloro che creavano le opere, e che erano la parte debole del rapporto.
Le prime normative in tema di copyright
Le prime normative sul copyright furono influenzate dalla svolta epocale rappresentata dall’invenzione della stampa a caratteri mobili a metà del XV secolo; un’invenzione che permise di produrre in maniera economica ed efficiente un grosso quantitativo di libri, ma che trasferì il potere della copia nelle mani di coloro che possedevano le rare e costose macchine per la stampa.
In un clima che pertanto vedeva questo potere concentrato nelle mani di pochi e potenti editori, nel 1476, in Inghilterra, la Corona inglese emanò la prima legge sul copyright.
L’obiettivo della legge non era tanto quello di tutelare il diritto degli autori sulle opere, quanto piuttosto quello di controllare ed eventualmente censurare il contenuto dei libri stampati, dando al contempo agli editori la possibilità di guadagnare dalla vendita delle copie.
Per più di un secolo si susseguirono varie forme di regolamentazioni normative di tipo monopolistico, tra cui la più importante avvenne nel 1557, quando Maria Tudor assegnò il monopolio di tutte le pubblicazioni alla Royal Stationery Company, di fatto portandole sotto il controllo più o meno diretto del governo inglese.
Fu soltanto nel 1623, con la diffusione di idee di stampo sempre più liberale, che il parlamento inglese vietò ogni forma di monopolio, una manovra che moltiplicò il numero di stampe dei titoli di maggior successo dell’epoca.
Allo stesso tempo gli editori, pur conservando i privilegi acquisiti in passato, iniziarono a riconoscere agli autori i diritti di proprietà delle loro opere.
L’abolizione dei monopoli tracciò un nuovo solco che favorì la nascita, nel 1710, di una prima legge sul copyright, nell’accezione moderna del termine: lo Statuto di Anna.
Con questa norma, il parlamento inglese garantì agli autori il diritto esclusivo di riproduzione e introdusse una tutela contro chiunque avesse prodotto copie senza l’autorizzazione del legittimo proprietario.
Questa manovra, dunque, permise da una parte agli autori di bloccare ogni riproduzione indesiderata del proprio lavoro; dall’altra, di aumentare i guadagni degli editori che potevano comprare i diritti delle opere dagli autori e disporne poi a piacimento.
Nei due secoli successivi all’emanazione dello Statuto di Anna, anche altri Paesi europei, tra cui la Francia e il Regno d’Italia, seguirono l’esempio inglese e iniziarono a introdurre norme sul copyright.
Copyright e nuove piattaforme digitali
Arrivando a tempi decisamente più recenti, un altro evento che ha cambiato radicalmente le regole del gioco è costituito dall’avvento dei computer e della rete internet.
Il web ha abbattuto le difficoltà e i costi di riproduzione delle opere, permettendone la condivisione e la diffusione istantanea e su scala globale.
Se da una parte ha dunque dato degli strumenti straordinari agli autori per comunicare e diffondere i frutti della loro creatività, dall’altro ha reso più complicato tutelare il copyright delle opere stesse.
Un caso emblematico, e che ebbe grande risonanza mediatica, degli effetti sul copyright dell’utilizzo della rete fu quello di Napster, un’azienda che permetteva lo scambio e la condivisione gratuita di file musicali. Napster, in seguito alle proteste e alle denunce degli editori, venne chiusa nel 2002, ma il problema non venne risolto, in quanto molto presto nacquero diversi altri servizi che consentivano lo scambio gratuito di file peer-to-peer tra gli utenti.
Il file sharing, ossia lo scambio e la condivisione di file in maniera gratuita, si sviluppò rapidamente con il diffondersi di tecnologie informatiche sempre più evolute, mandando in crisi il vecchio sistema.
Il copyright su YouTube
L’ecosistema di Internet si è evoluto in modi sorprendenti soltanto negli ultimi 20 anni e ha dato alla luce giganti e piattaforme capaci di rivoluzionare interi settori e mercati.
Tra questi, non possiamo non citare YouTube, azienda leader nella condivisione di contenuti multimediali in rete.
Oltre alla condivisione semplice e intuitiva di video, YouTube permette anche la creazione di canali su cui caricare i propri video e da cui è possibile, raggiunta una certa soglia di iscritti, anche guadagnare in maniera direttamente proporzionale alle visualizzazioni ricevute.
La crescita della piattaforma ha insomma portato alla nascita di una vera e propria professione, lo youtuber.
Uno dei primi problemi che deve affrontare chi apre un canale su YouTube è quello di capire come muoversi per tutelare i propri video dai tentativi di plagio e allo stesso tempo come evitare di violare il copyright delle opere altrui.
Aprendo la schermata principale di YouTube, si può effettuare la ricerca di un contenuto multimediale per capire se è possibile utilizzarlo o meno all’interno di un proprio video.
Una volta digitate le opportune parole chiave, nella parte in alto a sinistra della schermata, cliccando su ‘Filtri’, si aprirà un menù a tendina in cui sono riportate tutte le proprietà del contenuto di nostro interesse. Tra queste, nella sezione ‘caratteristiche’ sono indicate i vari tipi di licenze.
Cliccando sulla licenza ‘Creative Common’, ci troveremo di fronte tutti i contenuti protetti da quel tipo di licenza per le parole chiave di nostro interesse.
A quel punto potremo andare a selezionare il contenuto che più si addice alle nostre esigenze e integrarlo nel nostro video.
Su YouTube, in genere i contenuti di questo tipo cadono sotto la dicitura CC-BY, ossia di ‘riutilizzo consentito’.
Questo tipo di licenza permette sia la riproduzione, anche per fini commerciali, del contenuto sia la possibilità di apportarvi delle modifiche, se lo si desidera. L’unica accortezza consiste nel citare esplicitamente la fonte, ovvero l’autore originale del contenuto.
Su YouTube, il database di contenuti in licenza CC-BY si aggiorna e si arricchisce quotidianamente, quindi basta un po’ di attenzione per produrre contenuti che non infrangano il copyright.
Il copyright sulle immagini in rete
Il diritto d’autore sulle immagini si rifà in larga parte alla vecchia legge del 1941 sulle opere ingegneristiche e sulle invenzioni industriali.
Tuttavia, appare evidente che si tratta di una legge parecchio datata, in cui internet non era stato ancora teorizzato e che quindi non può tener conto della viralità e della velocità con cui nel digitale avvengono lo scambio e la condivisione di immagini.
Per questo motivo, nel 2000 entrò in vigore la legge 248, che si prefiggeva lo scopo di combattere la pirateria in rete, attraverso l’emanazione di un pacchetto normativo che si opponeva alla duplicazione dei software e alla loro vendita.
I loghi invece sono un caso a parte e in genere non è immediatamente comprensibile capire l’uso che se ne può fare.
Il consiglio è quello di risalire alla fonte e controllare direttamente sul sito dell’azienda quali sono le condizioni di utilizzo di un determinato logo.
Il copyright sulle immagini presenta alcune differenze a seconda che queste siano considerate semplici o artistiche:
- Immagini semplici. L’autore di immagini semplici, fatto salvo il caso in cui le abbia realizzate dietro compenso su commissione, può rivendicarne il diritto di diffusione e riproduzione.
- Immagini artistiche. Sono considerate a tutti gli effetti opere creative e sono pertanto protette dal diritto d’autore per tutta la vita del creatore e fino al 70esimo anno successivo alla sua dipartita.
Il copyright su Instagram
Instagram è senza dubbio la piattaforma digitale su cui oggigiorno vengono pubblicate e condivise più foto e immagini in assoluto.
Le regole di Instagram in merito al copyright sono abbastanza stringenti. Se ritieni che qualcuno abbia pubblicato una foto di cui non detiene i diritti, o ritieni che quegli stessi diritti appartengano a te, puoi fare una segnalazione all’interno della sezione “termini di base e condizioni d’uso”.
Se la tua richiesta viene accolta, il contenuto sarà rimosso e il responsabile verrà informato dell’accaduto.
Se questi continua a ignorare le segnalazioni e reitera l’abuso, il suo account rischia di essere eliminato in via definitiva.