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Le principali differenze di pensiero tra Platone e Aristotele

Volendo istituire un confronto tra il pensiero dei due maggiori filosofi dell’età classica greca, Platone e Aristotele, possiamo subito notare delle profonde differenze nelle loro teorie. La contrapposizione tra questi due grandi filosofi è perfettamente rappresentata nel dipinto “La scuola di Atene” di Raffaello Sanzio. Platone è raffigurato con il braccio sollevato mentre punta il dito al cielo, indicando quel mondo delle idee da lui teorizzato e che, a suo dire, trascende il mondo sensibile; Aristotele, invece, viene ritratto con la mano aperta e puntata in avanti, ad indicare che oggetto della sua indagine filosofica è il mondo reale, ovvero il mondo degli uomini. Aristotele fu allievo dell’Accademia platonica e pertanto ebbe modo di conoscere molto approfonditamente la filosofia di Platone. Pur condividendo con lui la concezione della filosofia come supremo ideale di vita, negli anni maturò un pensiero profondamente critico nei confronti del maestro, tant’è che alla sua morte abbandonò l’Accademia ed elaborò concezioni e teorie completamente autonome.

La scuola di Atene di Raffaello Sanzio

– La prima grande differenza tra i due filosofi riguarda la concezione dell’essere. Platone concepisce la realtà in modo verticale, cioè vede nella realtà due mondi, uno sensibile e uno sovrasensibile. La realtà sensibile è subordinata a quella sovrasensibile in quanto soggetto al mutamento. Il sovrasensibile ha la caratteristica di essere trascendente, al suo interno esisteva un mondo di idee conoscibile solo attraverso la ragione. L’essere risiede nel mondo sovrasensibile ed è incorruttibile ed astratto. Platone non considera solo il singolo individuo, la sua visione è a carattere universale. Per Aristotele il sovrasensibile è immanente, ossia si colloca negli oggetti. Aristotele vede la realtà come una concezione unitaria in quanto ritiene che esista un solo mondo che è quello concreto. Egli dona valore alle cose perché ritiene che ciò che è veramente reale, è l’unione tra la materia e le forme. Le idee per Aristotele sono estrapolate dalle cose, sono generalizzazioni, e fanno capo al singolo individuo. Tutte le cose ci sono dall’eternità e per l’eternità e non è necessario individuare un secondo mondo come quello delle idee platoniche in quanto l’ordine si trova già in questo mondo, considerato da lui il mondo reale. Per Aristotele le idee non sono separate dalla realtà ma costituiscono forme immerse nella materia che rappresentano l’essenza delle cose, è importante il singolo individuo. Esiste un solo mondo che è il mondo concreto, all’interno del quale troviamo l’essere, anche esso concreto.

– La seconda differenza che caratterizza i due filosofi riguarda la concezione della conoscenza. Secondo Platone avviene tramite il processo della reminiscenza, ovvero tramite il ricordo del mondo delle idee, che sono innate nell’uomo. Dunque per Platone conoscere equivale a ricordare. D’altra parte egli giudica la conoscenza basata sull’esperienza sensoriale un sapere parziale e soggettivo, dato che le cose di cui l’uomo ha percezione sono mutevoli e in continua trasformazione. Come per la realtà, anche per la conoscenza, Platone ha una visione verticale, concepisce due tipi di conoscenza: l’opinione e la scienza. La prima è subordinata alla seconda in quanto la scienza è direttamente collegata alle idee è l’opinione è mutevole. Aristotele ha una concezione orizzontale poiché, secondo la sua idea, non esistono conoscenze superiori alle altre.

Platone

– La terza differenza riguarda il significato della filosofia, mentre per Platone la filosofia ha una finalità sia morale che religiosa, utile per formare un governante esemplare che guidasse con rettitudine una polis; per Aristotele essa ha sostanzialmente come scopo la pura e semplice conoscenza senza nessuna applicazione pratica nella vita della città.

Aristotele

– Una quarta differenza riscontrabile tra i due autori riguarda un’opposta scelta letteraria: mentre Platone scrive dialoghi e si serve dei miti, concentrando i propri temi prevalentemente sulla politica, le opere di Aristotele sono un vero e proprio modello di prosa scientifica, dei saggi, estremamente rigorosi e basati su argomentazioni logiche. I temi trattati da Aristotele erano molteplici, alcuni non erano mai stati trattati da filosofi precedenti come ad esempio il comportamento degli animali. Anche questa discordanza di stili non fa che ribadire quanto dissimili fossero le loro posizioni: mentre Platone l’idealista, ha legato indissolubilmente la propria filosofia alle forme eterne, Aristotele il realista, ha elaborato una filosofia interessata innanzitutto ai processi naturali.
Platone utilizzava un metodo problematico, si poneva continuamente delle domande senza arrivare mai ad una risposta finale, in quanto concepisce, come il suo maestro Socrate, la filosofia come un sapere dialogico che non ha mai una risposta definitiva. Aristotele utilizzava invece un metodo più sistematico che si basava sulle definizioni dei principi e delle verità, questo perché egli riteneva che la filosofia fosse un sistema chiuso fatto di certezze e principi che non lasciano spazio ad una discussione.

Platone, che visse in un momento di crisi della polis, considerava centrale il rinnovamento etico morale di questa; Aristotele, invece, considerava la ricerca filosofica come sistemazione del sapere e indagine sui principi primi, mentre reputava la politica soltanto una disciplina pratica di secondo piano, in quanto riteneva che non avesse rigore scientifico. Il drammatico contesto storico politico vissuto da Platone lo indusse a rivedere l’insieme di valori che sottendevano la civiltà della polis, andando alla ricerca della giustizia ideale. Egli, infatti, elaborò un modello ideale di stato basato sulla divisione del lavoro, sul comunismo dei beni e sulla partecipazione collettiva alla vita pubblica (riconoscendo, per la prima volta, i diritti politici alle donne). Aristotele, al contrario, sosteneva che l’organizzazione della società dovesse rispettare la natura umana che impone la superiorità del più forte sul più debole (giustificando con ciò i pregiudizi schiavistici e misogini, tipici della cultura greca), e la tutela della proprietà privata. Il discepolo si distacca nettamente dal maestro nella concezione della realtà: come infatti abbiamo citato all’inizio dell’articolo. Entrami credevano, seguendo la linea di Socrate, nell’esistenza dell’anima, interrogandosi sulla sua natura; giungendo così a conclusioni opposte: per l’uno (Platone) essa è prigioniera del corpo, perché la vera vita è dopo la morte, nel mondo delle idee (quindi è immortale); per l’altro (Aristotele) essa è unita intrinsecamente al corpo, per cui non vive al di fuori di esso, ed è dunque mortale. Anche nel campo della teoria dell’arte, i due filosofi assumono posizioni differenti, ricordando la loro concezione della realtà ed essendo l’arte limitazione del mondo sensibile: Platone la considera imitazione dell’imitazione (quindi ingannatrice ed illusoria); Aristotele, invece, la considera l’imitazione della vera realtà (avente, perciò, funzione morale e conoscitiva). In particolare nella poesia i due individuano funzioni differenti nell’ambito della poesia. Per il maestro, essa può svolgere soltanto una funzione formativa per l’educazione dei custodi dello stato; mentre il discepolo insiste sulla sua funzione catartica che serve come sfogo delle emozioni (purificazione).

Possiamo quindi concludere affermando che, le numerose divergenze tra i due filosofi, si possono considerare un significativo esempio del rapporto tra un maestro, che rispetta la libertà di pensiero, e un discepolo, che mantiene un notevole senso critico, interpretando o contestando le teorie da lui insegnate.

Fonti di testo:
– Beatrice Cullina (a cura di), Platone, Hachette editore, Milano 2015
– Beatrice Cullina (a cura di), Aristotele, Hachette editore, Milano 2015